Ugolino della Gherardesca, colui che di fatto fondò la città di Villa di Chiesa, ristrutturando e ampliando insediamenti preesistenti, e favorendone il popolamento, dispose l’erezione di una cinta muraria negli anni attorno al 1280. Le Mura sono dunque coeve alla cattedrale di Santa Chiara, e alle chiese di Nostra Signora di Valverde, di Santa Maria delle Grazie, di San Francesco e al Castello di San Guantino sul colle Salvaterra.
Nel 1308 il sovrano di Aragona, che si preparava all’attacco dell’isola, ebbe notizia del fatto che il nucleo abitato di Villa di Chiesa era racchiuso da una cinta di alte mura merlate, intervallate da 20 torri, protette da una palizzata di legno, e circondate da un fossato. Le mura avevano facciate cieche con grande resistenza agli attacchi.
L’accesso alla città era garantito da 4 porte: la Porta Maestra o San Sebastiano situata frontalmente alla strada per Castel di Castro (Cagliari); Porta Castello in corrispondenza della chiesa di Santa Maria di Valverde; Porta Sant’Antonio verso la strada per Fluminimaggiore e Porta Nuova sulla strada per Gonnesa. Il sistema di fortificazioni assecondava la conformazione naturale della zona, e il Castello di San Guantino, costruito sul colle Salvaterra, assumeva particolare valore difensivo in forza della sua posizione. Dalla sua altezza, era in contatto visivo con gli altri castelli della zona – Gioiosaguardia (Villamassargia), Acquafredda (Siliqua) e Castel di Castro e San Michele (Cagliari) – con i quali comunicava a mezzo del rodato sistema dei fuochi accesi e spenti.
Era plausibile che lo sbarco delle truppe aragonesi si sarebbe verificato nell’area di Iglesias, e più precisamente dal Golfo di Palmas. Villa di Chiesa si poneva dunque come ultimo baluardo per frenare l’avanzata spagnola verso Cagliari, e mantenere il dominio pisano nel Sulcis e nel Sigerro.
In effetti, la flotta aragonese, composta da 300 navi, guidate dall’ammiraglio Francesco Carroz, partì il 31 maggio 1323 alla volta della Sardegna. L’esercito, che constava di 1000 cavalieri, 10,000 fanti e diverse macchine d’assedio, sbarcò presso la spiaggia di Palma di Sulci, il 13 giugno 1323, e si unì alla guarnigione di Arborea, recente alleato.
L’assedio ebbe inizio tra il giugno e il luglio 1323. Villa di Chiesa disponeva di 250 cavalli, 1000 soldati – tra cui oltre 100 balestrieri e oltre 500 terrazzani appostati sulle imponenti mura difensive. Ma la sproporzione numerica era evidente. Aragona e Arborea insieme potevano contare su quasi 20,000 uomini.
L’assedio si prolungò nei mesi, aggravato negli effetti dal clima caldo e umido e dalle epidemie di malaria che afflissero entrambe gli eserciti. Gli assediati decisero infine di rendere impossibile qualsiasi forma di rifornimento alla città, costringendola a cedere.
Il 13 gennaio si giunse a un accordo, secondo cui, se entro un mese non fossero giunti alla città rinforzi da Pisa, essa avrebbe capitolato. Agli abitanti di Villa di Chiesa fu offerta la possibilità di lasciare le proprie case, o rimanere in città come vassalli d’Aragona, mantenendo beni e proprietà.
Dopo otto mesi di assedio, il 7 febbraio del 1324, la città cedette.